Ho scoperto Twitter. Mi prende più di Facebook, forse perché meno dispersivo. Da un lato con la sua telegraficità ti costringe all’essenziale, dall’altro è realmente 'rete', aperta e pubblica. 'Segui' chi vuoi, e ti segue chi è interessato a quello che proponi. Così si realizza quello che per me è essenziale per definire un cattolico in rete: non l’etichetta, il 'bollino di qualità', ma la ragionevolezza della sua proposta, la capacità di lettura adeguata della realtà e dei suoi problemi. Insomma, a me è evidente che nel mondo del Web quello che conta sei tu, la tua identità, la passione e la capacità di comunicare.
Certo, il mio essere sacerdote in qualche modo mi aiuta, e l’esperienza della Chiesa è come un grosso fattore di realismo: non ti fa perdere dietro a leggerezze o banalità, ti costringe ad essere attento a ciò che vale realmente, a non rinchiuderti nello strumento, nel mezzo; insomma, non ti fa perdere il senso delle proporzioni. Twitter, paradossalmente, può essere anche silenzio. Nel senso che può farti fermare, pensare, riorientare. Può dare voce a chi non ha voce (si pensi ai tweet in difesa dei malati terminali o a tutela della vita umana fin dal suo concepimento). Twitter, insomma, non è solo il presente che si consuma in un tweet, ma può lasciare il segno. La presenza di cristiani (e sacerdoti) in Rete e l’uso di Twitter devono essere 'piegati' allo scopo della evangelizzazione. Un cattolico lo userà come i primi hanno usato la stampa, e come i Papi hanno usato la radio.La proposta va lanciata senza paura né bigottismi. Certo, accade spesso che le reazioni del mondo laicista ci siano, violente e pesanti: basta vedere quello che è stato detto e scritto proprio per la presenza di Benedetto XVI su Twitter. E quindi lasciamo pure che chi non ha altro da fare che denigrare la Chiesa vada pure per la sua strada; noi non smettiamo di dare ragioni. Quello che ho visto, dopo tanti anni in internet, è che i risultati si possono ottenere. Senza complessi di inferiorità.
Ho sempre ritenuto che un aspetto specifico della presenza di un prete in Rete sia l’attenzione alla bellezza: grafica ed espressiva. Guai al pressapochismo e alla superficialità; guai a chi crede che bastino contenuti 'cattolici' per comunicare, guai a chi pensa di avere audience seguendo le mode del momento. Se si è di Cristo, si sa che tutto serve allo scopo. Io con Twitter mi diverto: è straordinario interagire con tanti, accorgersi di contribuire a un cammino che incide e porta speranza. C’è però un nota bene: Twitter non è diverso dal mondo solito dell’informazione. Allora è evidente che ci vuole una rete di 'cattolici', che sappia tenere aperto lo sguardo al mistero, all’essenziale, al giudizio che nasce dalla esperienza cristiana. Rete vuol dire realmente trama di rapporti. Mai come in Internet è evidente che i rimandi, i collegamenti sono una ricchezza. Sul Web il principio di sussidiarietà, tanto caro alla Dottrina sociale della Chiesa, ha un punto privilegiato per realizzarsi. Non solo perché chi ha le capacità può esprimersi, ma perché può mettere in atto quella 'sinergia' che non porta via visitatori, ma anzi li rende più fedeli. Un sito 'autoreferenziale', che cerca visitatori ma non favorisce lo scambio, avrà certamente breve vita.