Un vescovo che invoca il diritto a parlare in base al principio di laicità e una giornalista laica, che sottolinea come il Papa non può essere trattato alla stregua di un qualsiasi politico. I temi della bioetica – visti sotto la lente del contributo dato dal sistema dei media all’informazione su fecondazione e testamento biologico – hanno portato a confrontarsi il presidente della Pontificia Accademia per la vita, Rino Fisichella, e Lucia Annunziata.
A chiamarli a discutere su La coscienza in prima pagina. Etica e informazione: dalla Legge 40 al caso Englaro è stata ieri l’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi). Presso la sede della Fnsi è stata anche presentata una ricerca condotta da un gruppo di studenti di giornalismo della Lumsa su 17 quotidiani nazionali dal 17 febbraio al 12 marzo 2009.
Prima dell’incontro Fisichella non si è sottratto alle domande dei giornalisti presenti sugli ultimi sviluppi delle vicende bioetiche. «Le istituzioni devono recuperare forte credibilità e perciò devono ascoltare tutte le istanze presenti nella società». Su fine vita e stato etico, per Fisichella «nel momento in cui viene emarginata l’istanza religiosa, e non si pone ascolto a chi ha una competenza antropologica, difficilmente le leggi saranno per il bene di tutti e metteranno al centro la persona». Quella sulla fecondazione, appena 'emendata' dalla Consulta, non è «certamente una legge cattolica, ma ha voluto intervenire in difesa della salute della donna davanti a tante sperimentazioni selvagge che c’erano e che temo possano ritornare di nuovo». E nel futuro c’è il rischio dell’eugenetica. Temi complessi che l’informazione fatica a metabolizzare, è emerso dal dibattito, al quale hanno partecipato anche Franco Siddi e Roberto Natale, segretario e presidente dell’Fnsi, del presidente dell’Ucsi Andrea Melodia e la responsabile laziale del sodalizio Vania de Luca. Interventi da cui è emersa la necessità di formarsi, di studiare, per fornire all’opinione pubblica una bussola d’orientamento, favorire dialogo e possibilmente non «lacerazione » e non dar spazio solo alla trita polemica politica di schieramento. Quella sulla quale, hanno constatato gli studenti e futuri giornalisti, l’informazione è troppo schiacciata. C’è, però, un clima che non favorisce il dialogo. E una crisi del senso assegnato alle istituzioni. Non ultima la Chiesa. Il Papa agisce con «trasparenza», ha detto l’Annunziata. Eppure c’è chi si prende la libertà di attaccare lui e la Chiesa «con toni che raramente si sono sentiti». Quasi fosse «uno qualunque». «È come se fosse caduto un muro», ha concluso l’opinionista.
Fisichella ha ricordato il filosofo Søren Kierkegaard e il suo «se Cristo oggi tornasse sulla terra non sarebbe crocifisso, ma ridicolizzato». E ha invocato perciò che le posizioni dei cattolici non vengano banalizzate ed emarginate. Il teologo e rettore della Lateranense ha poi insistito sull’esigenza che la coscienza, «che è un patrimonio di tutti », sia rettamente formata. «Non capisco come possa un cattolico dirsi a favore dell’aborto o dell’eutanasia», perché alcuni valori sono «costitutivi» dell’identità dei credenti. Infine, gli interventi dei vescovi sono dovuti al fatto che i cattolici oggi sono presenti in tutte le formazioni politiche e non c’è più una «presenza unitaria». Ma essi lo fanno «su questioni sociali particolarmente rilevanti», per dare un «contributo di chiarificazione sul piano dei valori».
Tra gli interventi anche quello della giornalista Paola Springhetti che ha criticato i titoli de Il Giornale e di Avvenire del 14 novembre 2008, all’indomani della sentenza della Cassazione sul caso Englaro. Il quotidiano diretto da Mario Giordano evocava l’eutanasia, mentre quello che avete tra le mani recitava «Condanna a morte per Eluana ». Toni, secondo la cronista, di attacco alle istituzioni. Che non favorirebbero l’approfondimento e il dialogo sulle questioni in gioco. Ad Avvenire veniva anche imputato di non far emergere a sufficienza il dibattito interno al mondo cattolico. Quanto poi alla capacità d’influenza dei giornalisti cattolici nelle redazioni laiche, su questo un pudico silenzio.