UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Madrid, esempio di fede che fa notizia

Il ruolo della comunicazione nell'ultima GMG è stato lo spunto per una tavola ro­tonda, promossa dall’Am­basciata di Spagna presso la Santa Sede e dal Sovrano Or­dine di Malta. Con uno sguardo generale al tema della responsabilità dei me­dia e al modo di raccontare il mondo ecclesiale.
22 Febbraio 2012
Che la Chiesa faccia notizia è innegabile. Lo dimostrano le cro­nache degli ultimi tempi, ma soprattutto eventi straordi­nari come la Giornata mon­diale della gioventù che, nel­l’agosto scorso, ha radunato a Madrid due milioni di gio­vani. Proprio il ruolo della comunicazione nella mani­festazione spagnola è stato lo spunto per una tavola ro­tonda, promossa dall’Am­basciata di Spagna presso la Santa Sede e dal Sovrano Or­dine di Malta. Con uno sguardo generale al tema della responsabilità dei me­dia e al modo di raccontare il mondo ecclesiale.
«La presenza della Chiesa sui media è soggetta a tutti i rischi che corre l’informa­zione: questa è la sfida e la realtà che incontriamo quo­tidianamente », ha eviden­ziato l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, che nell’introdurre i lavori ha vo­luto porsi delle domande. «Cosa fa notizia della Chie­sa? E cosa è una notizia?», ha elencato mettendo in guar­dia dal rischio che si trasfor­mi in notizia ciò che non lo è. «L’insufficiente diventa e­vento » ha rilevato infatti ci­tando una frase del Faust di Goethe. «Guardando a certi articoli, ad alcuni interven­ti – e penso a quelli che in questi giorni hanno riguar­dato casa nostra – la do­manda che sorge è: dove è la notizia?», ha sottolineato l’arcivescovo Celli. «Non in­vidio – ha confidato – il la­voro di un direttore di testa­ta perché la realtà è com­plessa e i tempi sono di­sconnessi ». Nella sua anali­si, il presidente del Pontificio Consiglio per le comunica­zioni sociali ha ricordato «la sfida contro il tempo, la ne­cessità di costruire una cor­nice sensata rispetto a ciò che accade nel mondo» co­sì come «gli interessi econo­mici e soprattutto politici, la cultura dominante della quale gli stessi giornalisti so­no impregnati, il senso co­mune che i media contri­buiscono a creare». Tuttavia, restano quelli che Celli ha definito «i gravi rischi del­l’informazione ». Dai quali la Chiesa non è al riparo. C’è il pericolo appunto «dell’insi­gnificante che diventa e­vento » in quanto «alcuni e­pisodi non raggiungono la soglia della visibilità perché non toccano alcuni interes­si, mentre altri sì». A questo si aggiunge quello delle rap­presentazioni infedeli, quando «si parla – ha spie­gato Celli – da un angolo di visuale ristretto, se non vo­lontariamente riduttivo» e quello della strumentalizza­zione nel momento in cui «si parla di una realtà e delle sue sfaccettature, spesso con­traddittorie, non per farle conoscere, ma per dare una visione legata a particolari interessi». Secondo il presi­dente del dicastero vatica­no, sebbene «viviamo in un contesto post moderno do­ve le micronarrazioni acqui­stano legittimità a fronte delle grandi narrazioni» bi­sognerebbe (e lo ha chiesto recentemente anche Bene­detto XVI) parlare «non di tante cose, ma della fede del­la Chiesa di Roma». Quello che del resto è accaduto al­la Gmg di Madrid, come è e­merso dalle testimonianze di Antonio Gallo, responsa­bile delle Reti Sociali della Gmg, di Enric Juliana, diret­tore aggiunto de La Van­guardia, Juan Rubio, diret­tore de La Vita Nueva, Mar­co Ansaldo e Gian Guido Vecchi, vaticanisti de la Re­pubblica e del Corriere della Sera . Il grande incontro di Madrid ha avuto il merito di far conoscere al mondo la Spagna e «l’orgoglio dei gio­vani cristiani», di creare reti sociali che ancora conti­nuano, di consentire una stretta collaborazione con il governo locale, di insegnare un nuovo linguaggio - più a­gile, più colorato, più im­mediato - per informare sul­la Chiesa.