UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mass media e ricerca della verità.

“I mezzi di comunicazione sociale: al bivio fra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla” è il tema scelto da Papa Benedetto XVI per la 42a Giornata mondiale delle comunicazioni Sociali 2008 che invita a riflettere sul ruolo dei media in relazione, soprattutto, al rischio, sempre più presente, che essi diventino referenziali a se stessi e non più - o non solo - strumenti al servizio della verità. Al riguardo ne abbiamo parlato con don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.
19 Febbraio 2008

“I mezzi di comunicazione sociale: al bivio fra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla” è il tema scelto da Papa Benedetto XVI per la 42a Giornata mondiale delle comunicazioni Sociali 2008 che invita a riflettere sul ruolo dei media in relazione, soprattutto, al rischio, sempre più presente, che essi diventino referenziali a se stessi e non più - o non solo - strumenti al servizio della verità. Al riguardo ne abbiamo parlato con don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei.


Il rapporto dei mezzi di comunicazione sociale con la ricerca della Verità è una delle questioni importanti che connotano il messaggio di Benedetto XVI per la 42ª Giornata delle comunicazioni sociali. Il Papa segnala nel titolo la dicotomia "tra protagonismo e servizio". Avverte la sensazione che i media abbiano ormai da tempo imboccato decisamente la via del protagonismo nonostante la dimensione del servizio dovrebbe essere alla base della loro missione nella società di oggi?

L’ingenuo o forse solo un po’ presuntuoso assioma dei ‘fatti separati dalle opinioni’ ha finito talvolta per risolversi nel suo esatto contrario: e cioè inconsistenza dei fatti e rigonfiamento delle opinioni. E questo per ragioni facilmente intuitive. Ci viene più facile commentare che raccontare. Commentare è opera di interpretazione e ciascuno riesce a dire la sua su qualcosa, spesso finendo per auto-promuovere il proprio punto di vista, la propria ideologia, il proprio interesse. Raccontare suppone al contrario uno sforzo di ascolto, di verifica delle fonti, di contatto con la realtà, il che richiede tempo, energie, onestà. Ciò spiega perché ci siano in giro più opinionisti che veri giornalisti, più interpreti che testimoni di fatti. Non è un caso che le inchieste scarseggino mentre le invenzioni, travestite da scoop, pullulano. Semplicemente perché viene più facile commentare che raccontare. C’est plus facile! Con tutto quel che segue ahimè! Perché poi in questa tendenza a commentare la realtà piuttosto che a descriverla si inseriscono logiche pericolose. Ed il Papa non esita a dirlo quando nel suo Messaggio scrive:”E’ il caso di una comunicazione usata per fini ideologici o per la collocazione di prodotti di consumo mediante una pubblicità ossessiva. Con il pretesto di rappresentare la realtà, di fatto si tende a legittimare e ad imporre modelli distorti di vita personale, familiare o sociale” (n.2).

Nel messaggio prevale l'ottica propositiva e positiva che da sempre caratterizza l'atteggiamento della Chiesa nei confronti della comunicazione. In forza delle loro "potenzialità straordinarie" i media sono indispensabili per "garantire all'uomo il bene primario dell'informazione" e per questo devono essere anche "strumenti al servizio di un mondo più giusto e solidale". Spesso questo non avviene. Perché?

Vorrei proprio sottolineare il carattere pro-positivo del Messaggio del Papa, contrariamente a certi fondi allarmati di taluni quotidiani all’indomani della presentazione del testo di Benedetto XVI. In realtà la Chiesa da sempre ha mostrato un atteggiamento aperto e non ingenuo nei riguardi dei media moderni e - anticipando di qualche decennio la questione degli ‘apocalittici ed integrati’ (U. Eco) - ha sempre avuto cura di mostrare attenzione verso queste nuove forme di comunicazione, pur senza sottovalutare l’impatto sulla persona. Emblematica a questo proposito è la Vigilanti cura di Pio XI a proposito del cinema. E siamo nel 1936. Di qui parte quella straordinaria attenzione alle sale cinematografiche che divennero nelle parrocchie prima e dopo la seconda guerra mondiale un’opportunità di incontro, di crescita culturale, di immersione nelle grandi trasformazioni. Analogamente Benedetto XVI  si mostra convinto che i diversi media, ivi compresi i new media, che cita peraltro espressamente, “possono e devono contribuire a far conoscere la verità sull’uomo, difendendola davanti a coloro che tendono a negarla o a distruggerla”. E aggiunge, a scanso d’equivoci:”Utilizzare a questo fine tutti i linguaggi, sempre più belli e raffinati di cui i media dispongono, è un compito esaltante affidato in primo luogo ai responsabili ed agli operatori del settore”. E conclude con un’osservazione che va nella linea di quella democrazia partecipativa che sembra dischiudersi proprio nell’attuale contesto cross-mediale:”E’ un compito che… in qualche modo, ci riguarda tutti, perché tutti, nell’epoca della globalizzazione, siamo fruitori e operatori di comunicazioni sociali” (n. 5).  Se mi chiede perché ciò nonostante lo spettacolo dei media è così sconsolante, non c’è che da dar credito all’analisi pontificia che annota, non senza realismo:”Non manca, purtroppo, il rischio che i media si trasformino …in sistemi volti a sottomettere l’uomo a logiche dettate dagli interessi dominanti del momento” (n. 2).


di Vincenzo Grienti