UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Mons. Viganò: Anicec risorse, non solo esperti

Riparte il corso di alta formazione per anima­tori della comunicazio­ne e della cultura dopo il suc­cesso dello scorso anno. Dalla piattaforma www.anicec.it la Fondazione comunicazione e cultura della Cei e il Centro in­terdisciplinare della Pontificia università Lateranense pro­pongono ancora una volta in modalità e-learning, cioè av­valendosi dell’insegnamento a distanza, un percorso forma­tivo che vedrà come figura l’a­nimatore della comunicazio­ne e della cultura.
30 Settembre 2009

Riparte il corso di alta formazione per anima­tori della comunicazio­ne e della cultura dopo il suc­cesso dello scorso anno. Dalla piattaforma www.anicec.it la Fondazione comunicazione e cultura della Cei e il Centro in­terdisciplinare della Pontificia università Lateranense pro­pongono ancora una volta in modalità e-learning, cioè av­valendosi dell’insegnamento a distanza, un percorso forma­tivo che vedrà come figura l’a­nimatore della comunicazio­ne e della cultura. Consolidata come soggetto 'dif­fusore' dei media cattolici e, a livello diocesano e parrocchiale, 'organizzatore' di eventi per sensi­bilizzare alle tematiche riguardanti i mass media e la cultura, l’animatore resta fondamentale nella pa­storale ordinaria. «L’animatore è una figura che rac­coglie l’eredità degli addetti alla buona stampa o de­gli operatori dei cinema e dei teatri parrocchiali – spiega monsignor Dario Edoardo Viganò, diretto­re scientifico del corso assieme a Francesco Caset­ti dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Mila­no –. Non una novità dunque, ma un ripensamen­to del profilo dell’animatore e del metodo del la­voro. Anzitutto l’animatore viene affrancato da un aspetto funzionalistico per gravitare nell’ottica di una condivisione di responsabilità pastorale. Si tratta in sostanza non semplicemente di indivi­duare dei compiti, ma di far crescere una sensibi­lità a partire da competenze acquisite. Il metodo è quello di agevolare, in un la­voro di team, una nuova men­talità, un nuovo stile di essere Chiesa oggi».
  Chi può partecipare e quali so­no le conoscenze e le compe­tenze trasferite alla figura in u­scita al termine del corso? «Penso anzitutto ai catechisti, a responsabili della pastorale giovanile e a quelli della pa­storale liturgica. Certamente occasione ghiotta per tutti co­loro che si occupano del bol­lettino parrocchiale piuttosto che della radio comunitaria, dell’ufficio comunicazioni sociali piuttosto che del sito web della parrocchia». Ma in che modo le Chie­se particolari e le comunità parrocchiali possono favorire l’inserimento e l’azione dell’animatore? «Un animatore è una risorsa per la comunità. Non un esperto a cui delegare o una risorsa umana in più con cui negoziare. Piuttosto l’occasione per­ché l’azione liturgica, quella catechetica, quella e­ducativa in genere, possa assumere con consape­volezza le questioni cruciali della contemporaneità e individuare luoghi e modi possibili per annun­ciare il Vangelo di Gesù. È questo lo stile dell’ani­matore. Gli anni che si aprono per la Chiesa italia­na, avviata a porre al centro l’urgenza educativa, so­no anni fecondi per l’animatore. Egli, infatti, ricor­derà alla comunità non solo la necessità di far sì che ogni azione educativa sia alleata con Dio unico maestro, ma stimolerà di continuo ciascun mem­bro della comunità a lasciarsi educare da Dio. 

Vincenzo Grienti