A Novara fanno tappa le celebrazioni per i 50 anni dell’Anspi. L’appuntamento è per sabato: nel Seminario vescovile avverrà un confronto su linguaggi e tecniche col metodo dei workshop, laboratori in cui il pubblico si rende parte attiva. L’iniziativa rientra fra quelle in cantiere per il cinquantenario, essendo Anspi stata fondata nel 1963, dietro sostegno e consiglio di Paolo VI, per provvedere alle esigenze di gestione degli oratori italiani: occuparsi degli aspetti ecclesiali e civili, nella consapevolezza che la crescita della persona vada accompagnata a tutto tondo, senza trascurare alcun ambito d’interesse.
I partecipanti potranno «frequentare» sessioni dedicate al fumetto, condotte da Daniele Rudoni, collaboratore delle maggiori realtà editoriali di settore, che di recente si è occupato della colorazione delle tavole di Dylan Dog pubblicate dal Corriere della Sera; oppure quelle sui mezzi di comunicazione digitale, tenute da don Paolo Padrini, responsabile del progetto Pope2You, che ha realizzato il profilo Facebook di Benedetto XVI; o, ancora, il workshop sulla comunicazione radiofonica, curato da Alessandro Milan, voce di Radio 24, in collaborazione con l’emittente novarese Radio Azzurra; infine, quelli di Alessandro Barenghi, ricercatore al Politecnico di Milano (gestione d’un sito internet) e Sandra Luzzani, responsabile ufficio progettazione iniziative speciali De Agostini (grafica creativa).
Nel corso del pomeriggio saranno anche presentati i manuali pubblicati da Anspi che si occupano di queste discipline, mettendo a disposizione di educatori e animatori una massa inedita di nozioni e dati.
Tratta dal contributo che Milan ha scritto per il manuale, è significativa questa riflessione: «Per me trascorrere i pomeriggi in oratorio era una felicità. Da una parte i momenti di spiritualità, dall’altra le ore di svago in un luogo protetto, curato e accogliente. Si sa poi come va la vita, si cresce e il rapporto sia con la fede che con la spiritualità è cambiato, non lo nego. Sono cambiati anche gli oratori, da allora. È cambiata d’altronde la società, e non in meglio. Ora siamo nell’era della tecnologia, i ragazzi vivono perennemente attaccati ai cellulari, agli smart-phone, ai tablet e faticano a incontrarsi dal vivo. L’idea di buttare un pallone in mezzo a una quarantina di gambe e correre, sudare, socializzare non credo sia più così popolare tra molti ragazzi e ragazze. Ed è da qui che vorrei partire per una riflessione comune. Cosa si potrebbe fare per aumentare l’aggregazione tra i giovani, per renderli più uniti, per formare un gruppo con la voglia di fare? La risposta, magari provocatoria, ma semplice è una parola di sole cinque lettere: radio. Sì, proprio questa: fare una radio».