Questa volta a compiere gli anni è la Voce isontina, uno dei 289 periodici diocesani d’Italia che ogni settimana raggiungono un milione di case. E quindi è a Gorizia - dove la Voce esce da mezzo secolo - che quest’anno ha sede il convegno nazionale della Fisc, la Federazione che raccoglie tutte le testate. Eccezionale il contesto storico e geografico in cui si svolge, una Gorizia che è talmente ai confini d’Italia «da essere tagliata in due perfino nelle case, nei giardini, nel cimitero», come ha ricordato in apertura Francesco Zanotti, presidente nazionale Fisc, ringraziando il direttore della Voce, Mauro Ungaro. Una Gorizia che già Papa Giovanni Paolo II durante una visita nel 1992 interpellò come «la città che, situata all’incrocio di correnti di pensieri, sembra rivestire una singolare missione, quella di essere la porta dell’Italia che pone in comunicazione il mondo latino con quello slavo... La vostra terra, particolarmente provata in questo secolo da due guerre terribili - ricordò il Papa - , conosce il valore del dialogo. Gorizia, sappi trarre frutto dalla tua sperimentata saggezza».
Un appello tanto più attuale nell’anno in cui il mondo ricorda l’inizio della prima guerra mondiale, il cui sangue da queste parti non si è ancora asciugato. «Non a caso il convegno quest’anno si intitola 'Europa e confini' – ha notato Zanotti, sottolineando che – se nel resto d’Italia parliamo del ’15-’18, qui il conflitto iniziò nel 1914».
È lo stesso manifesto della Fisc a ricordarci che siamo in una terra speciale, crogiuolo di storie e razze, di lingue e sensibilità: l’immagine è la lastra di pietra che oggi segna il confine tra Italia e Slovenia, ultimo retaggio di quel paradossale 'Muro di Berlino' in tono minore che dal ’47 al 2004 divise la città, e la scritta è trilingue, italiana, slovena e friuliana. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, proprio di confini ha parlato: «La mia terra martoriata, la Bosnia Erzegovina, ha la forma di cuore, di un cuore un po’ malformato. Se non troverà la forma per esistere come società multietnica e multireligiosa, il messaggio che manderà al mondo sarà che i confini dividono, non uniscono». Un affondo storico su Gorizia terra di confine, così vicina a un altro cuore di terra, la penisola istriana strappata all’Italia, lo ha fatto Ivan Portelli parlando di 'Arcidiocesi di Gorizia, chiesa di frontiera': «Emblematica la figura di un sacerdote, monsignor Luigi Fogar, vescovo di Trieste, che negli anni ’30 tra i vessilli amati di Istria, Pola, Fiume, Zara, lottava però perché gli sloveni potessero parlare la loro lingua ». Per questo venne osteggiato dal fascismo.
Oggi, nella seconda giornata di convegno, l’arcivescovo metropolita di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli, presiede al mattino la concelebrazione eucaristica in Sant’Ignazio. Segue la tavola rotonda intitolata 'A Gorizia, tra Europa e Adriatico: dialoghi fra istituzioni, giornalisti e giovani sul futuro dell’Europa, dell’allargamento e dell’integrazione'. Nel pomeriggio le testimonianze di 'Giornalisti cattolici in Europa', dall’Austria, al Belgio, alla Polonia. Domani visita/cerimonia al sacrario di Redipuglia e la concelebrazione eucaristica nella chiesa slovena di Kostanjevica, presieduta dal vescovo Peter Stumpf.