UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Pagine di pace, senza confini

Questa volta a compiere gli anni è la Voce isontina, uno dei 289 pe­riodici diocesani d’Italia che o­gni settimana raggiungono un milione di case. E quindi è a Gorizia - dove la Voce esce da mezzo secolo - che quest’anno ha sede il convegno nazionale della Fi­sc, la Federazione che raccoglie tutte le testate.
4 Aprile 2014

Questa volta a compiere gli anni è la Voce isontina, uno dei 289 pe­riodici diocesani d’Italia che o­gni settimana raggiungono un milione di case. E quindi è a Gorizia - dove la Voce esce da mezzo secolo - che quest’anno ha sede il convegno nazionale della Fi­sc, la Federazione che raccoglie tutte le testate. Eccezionale il contesto storico e geografico in cui si svolge, una Gorizia che è talmente ai confini d’Italia «da es­sere tagliata in due perfino nelle case, nei giardini, nel cimitero», come ha ri­cordato in apertura Francesco Zanotti, presidente nazionale Fisc, ringraziando il direttore della Voce, Mauro Ungaro. U­na Gorizia che già Papa Giovanni Paolo II durante una visita nel 1992 interpellò come «la città che, situata all’incrocio di correnti di pensieri, sembra rivestire u­na singolare missio­ne, quella di essere la porta dell’Italia che pone in comu­nicazione il mondo latino con quello slavo... La vostra ter­ra, particolarmente provata in questo secolo da due guerre terribili - ricordò il Papa - , conosce il va­lore del dialogo. Gorizia, sappi trarre frut­to dalla tua sperimentata saggezza».

Un appello tanto più attuale nell’anno in cui il mondo ricorda l’inizio della prima guerra mondiale, il cui sangue da que­ste parti non si è ancora asciugato. «Non a caso il convegno quest’anno si intito­la 'Europa e confini' – ha notato Zanot­ti, sottolineando che – se nel resto d’I­talia parliamo del ’15-’18, qui il conflit­to iniziò nel 1914».

È lo stesso manifesto della Fisc a ricordarci che siamo in una ter­ra speciale, crogiuolo di storie e razze, di lingue e sensibilità: l’immagine è la lastra di pietra che oggi se­gna il confine tra Ita­lia e Slovenia, ultimo retaggio di quel pa­radossale 'Muro di Berlino' in tono mi­nore che dal ’47 al 2004 divise la città, e la scritta è trilingue, italiana, slovena e friuliana. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo, proprio di confini ha parla­to: «La mia terra martoriata, la Bosnia Erzegovina, ha la forma di cuore, di un cuore un po’ malformato. Se non troverà la forma per esistere come società mul­tietnica e multireligiosa, il messaggio che manderà al mondo sarà che i confini di­vidono, non uniscono». Un affondo sto­rico su Gorizia terra di confine, così vi­cina a un altro cuore di terra, la peniso­la istriana strappata all’Italia, lo ha fatto Ivan Portelli parlando di 'Arcidiocesi di Gorizia, chiesa di frontiera': «Emble­matica la figura di un sacerdote, monsi­gnor Luigi Fogar, vescovo di Trieste, che negli anni ’30 tra i vessilli amati di Istria, Pola, Fiume, Zara, lottava però perché gli sloveni potessero parlare la loro lin­gua ». Per questo venne osteggiato dal fa­scismo.

Oggi, nella seconda giornata di conve­gno, l’arcivescovo metropolita di Gori­zia, Carlo Roberto Maria Redaelli, pre­siede al mattino la concelebrazione eu­caristica in Sant’Ignazio. Segue la tavola rotonda intitolata 'A Gorizia, tra Euro­pa e Adriatico: dialoghi fra istituzioni, giornalisti e giovani sul futuro dell’Eu­ropa, dell’allargamento e dell’integra­zione'. Nel pomeriggio le testimonian­ze di 'Giornalisti cattolici in Europa', dall’Austria, al Belgio, alla Polonia. Do­mani visita/cerimonia al sacrario di Re­dipuglia e la concelebrazione eucaristi­ca nella chiesa slovena di Kostanjevica, presieduta dal vescovo Peter Stumpf.