Perché questo sforzo di comunicazione?
“Quest’anno a Rio de Janeiro, gli italiani presenti saranno circa 7.500, probabilmente quasi 10mila se si aggiungono quelli che all’ultimo momento decideranno di arrivare autonomamente, senza essersi iscritti. Sono molti se si tiene presente sullo sfondo la crisi economica, che sta mordendo le famiglie e anche le parrocchie. In questo quadro diventa ancor più importante garantire ai moltissimi giovani che alla Gmg parteciperanno dall’Italia, la possibilità di respirare un po’ di aria carioca anche da qui”.
Papa Francesco e i giovani: un connubio davvero interessante che fa prevedere picchi di audience. Perché Francesco ha un così forte appeal sulla gente?
“Perché Papa Francesco ha un linguaggio molto ricco di immagini e riesce a dire le cose con una capacità di coinvolgimento emotivo che suscita immediatamente attenzione da parte delle persone. Le sue immagini non aggrediscono l’interlocutore ma sono fortemente evocative: è uno stile che rende comprensibile il concetto ma lo rende in una forma così leggera che l’altro non si arma e si predispone all’ascolto. Quello che poi colpisce di Francesco è anche la sua postura fisica: prende sempre l’iniziativa per primo nell’approccio con l’altro. Da questo punto di vista, penso che l’incontro della Gmg riserverà delle grandi sorprese perché tutto questo mix di risorse comunicative dentro un contesto come quello dell’incontro con il mondo dei giovani che è sempre particolarmente energetico produrrà sicuramente effetti esplosivi”.
Quale impatto può avere un evento come la Gmg sulla vita delle comunità?
“L’incontro della Gmg è anzitutto un incontro tra generazioni, da una parte il Papa, i vescovi, gli accompagnatori e dall’altra i giovani. E in un tempo in cui questo dialogo è spesso contraddetto, lì diventa una esperienza possibile, a portata di mano, che conferma quanto questo confronto tra generazioni non solo non è affatto impossibile ma è anche segretamente ricercato dagli uni e dagli altri. Incontri come la Gmg inoltre restituiscono un’immagine positiva della speranza, perché sono momenti di grande gioia e di grande festa che mettono l’accento non sugli aspetti problematici come solitamente si fa sul mondo giovanile e su quello degli adulti, ma sulle risorse irripetibili di ciascuno”.
Ma in tutta sincerità, lei crede davvero possibile vivere in profondità un evento di fede a distanza, via web, tv, o radio?
“Sì, è possibile soprattutto oggi perché sempre di più viviamo una vita mista fatta di questa doppia dimensione territoriale che è il rapporto fisico, spaziale ed interpersonale faccia a faccia e il rapporto digitale interattivo consentito dalla rete. Non sono momenti che si escludono ma momenti che si integrano e quindi consentono la possibilità di annullare la distanza spazio-temporale grazie appunto a questa possibilità. Da questo punto di vista penso che le piattaforme che verranno largamente utilizzate dai giovani e anche dai giornalisti sono un mezzo straordinario per entrare dentro l’evento nel desiderio di condividerlo con altri: la ragione per cui tanti stanno con il telefonino in mano non è semplicemente quello di voler immortalare un evento ma di volerlo immediatamente rendere condivisibile. Un fatto che dice quanto la comunicazione sia un fenomeno sempre più interattivo”.
Può la fede dipendere dai grandi show?
“La fede è uno spettacolo ma non è uno show. È uno spettacolo nel senso che la fede è sempre un’esperienza che contiene in sé una bellezza ma se lo show è qualcosa di artefatto, di costruito a tavolino, ciò non corrisponde alla Gmg che sempre è un evento dello Spirito in cui non è dato di sapere che cosa potrà accadere e quali potranno essere gli effetti che produce nel cuore dei partecipanti”.