La rapida e amplissima diffusione dei dispositivi di comunicazione digitale non solo offre nuove possibilità di scambio di informazioni, ma sembra comportare anche un nuovo modo di interagire con la realtà che non può non mettere in discussione quanti hanno a cuore l’educazione. Da qui si è articolata la giornata di studio promossa a Torino mercoledì scorso dalla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale- sezione di Torino e dall’Università Pontificia Salesiana. Ne è emersa una linea d’azione che invita a un’apertura e attenzione al web. Con prudenza senza prenderne le distanze, ma in una logica di approfondimento e favorendo la dimensione umana.
Due facoltà che si interrogano, riflettono, approfondiscono il rapporto tra comunicazione della fede e nuove tecnologie in un’ottica educativa non solo al proprio interno con gli studenti ma aprendo i lavori a tutti coloro che sono interessati al tema è già un aspetto positivo e significativo. Come lo è stato aver dato spazio oltre che all’ascolto degli esperti (Pier Cesare Rivoltella e monsignor Dario Viganò) anche a laboratori tematici. Per non essere semplicemente travolti dai fatti, ricorda don Pier Davide Guenzi, direttore del ciclo di specializzazione Ftis e tra gli organizzatori della giornata, è necessario riflettere criticamente su questo sviluppo tecnologico per valutarne le conseguenze, le opportunità e i rischi. E proprio sui rischi ha messo in guardia anche Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, quando ha posto l’accento sull’educazione. «Le nuove tecnologie – ha detto – possono ampliare e amplificare l’atto educativo in termini di concrete possibilità. Il web, per definizione nello stesso acrostico www è world cioè mondiale, wide che significa senza confini, facilmente può diventare wild, cioè selvaggio». Tocca all’educazione trasformare questi luoghi digitali in una possibilità di crescita secondo criteri di verità e responsabilità nella carità.
Quindi attenzione a non vivere queste realtà in modo ingenuo. Ma anzi Nosiglia invita soprattutto i giovani a «vivere relazioni autentiche senza rifugiarsi e nascondersi dietro lo schermo di un computer, a restare custodi attenti della verità in un ambito in cui con tanta leggerezza, quella di un clic o di un tocco ancor più lieve sul tablet, si possono trasmettere sciocchezze che avviliscono la dignità delle persone».
Siamo così immersi in un mondo nuovo. Che cambia le relazioni e il modo di trasmettere la fede. «Un mondo reale e non virtuale in cui tutti siamo immersi. Dentro la Chiesa – evidenzia al termine della giornata don Fabrizio Casazza, docente e responsabile dell’Ufficio diocesano comunicazioni sociali della diocesi di Alessandria – c’è grande effervescenza, anche le realtà più piccole, le parrocchie cercano di seguire questi cambiamenti che sono sempre più rapidi, ma non sempre si riesce a starci dietro. Occorre studiare le strategie comunicative. Come ci ha ricordato monsignor Viganò c’è ancora molto da fare».
Un fare che deve trovare spazio anche nell’educare chi educa. Per evitare il rischio che ha rilevato Alberto Parola dell’Università di Torino: «La potenza degli strumenti di comunicazione 'a distanza', se non elaborata e compresa a fondo dai ragazzi, può divenire una nuova forma di inconsapevolezza circa il ruolo del corpo nella conoscenza dell’altro e, in sostanza, un nuovo e indefinito disagio».