UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Quegli spazi digitali di meditazione

Benedetto XVI è sta­to eletto nel momento in cui si so­no diffusi ampiamente i social network: come hanno ri­sposto le reti sociali alla notizia? Su questo è stato interpellato da Avvenire padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, studioso ed esperto del­la comunicazione digitale.
14 Febbraio 2013
Se Giovanni Paolo II è stato il Papa della diffusione di in­ternet, Benedetto XVI è sta­to eletto nel momento in cui si so­no diffusi ampiamente i social network. Secondo padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica, studioso ed esperto del­la comunicazione digitale, questo è un dato su cui riflettere.

Padre Spadaro, come hanno ri­sposto le reti sociali alla notizia?
C’è un commento, riportato sul sito dell’Huffington Post, che rias­sume quello che sta succedendo. In un post di questi giorni si nota come il Papa che più di ogni altro si è interessato alla comunicazio­ne digitale abbia «mandato in tilt l’infosfera globale». L’emergere dei social network è stata una sfi­da importanti con la quale Bene­detto XVI ha dovuto confrontarsi. Le parole, i gesti e il magistero di Ratzinger sono stati presenti nel­la vita dei fedeli in parte anche perché sono stati condivisi – e non solo trasmessi – attraverso i me­dia digitali. La sua figura era già argomento della discussione so­ciale nei media digitali. L’apertu­ra di un suo profilo su Twitter ha poi dato forma a una sua presen­za diretta nella conversazione.

Molte le reazioni positive e nega­tive su Twitter. C’è un atteggia­mento che spicca più di altri?
La cosa più evidente è, davanti a una notizia difficilmente digeri­bile anche per la rete, il forte ri­chiamo alla dimensione iconica, all’uso di immagini. Ad esempio tra gli utenti delle reti sociali è gi­rata la foto del fulmine che ha col­pito la cupola di San Pietro, forse perché rende bene il forte impat­to del gesto di Benedetto XVI.

Colpisce nella ricerca semantica condotta da Expert System che tra i primi verbi presenti nei tweet sul Papa ci sia «meditare». Cosa ci dice questo dato?
Rileggiamo il messaggio per la Giornata delle comunicazioni so­ciali dell’anno scorso: il Papa ci ri­cordava che anche in rete sono possibili spazi di silenzio e di me­ditazione. Ed è quello che sta av­venendo ora: moltissimi sentono la necessità di riflettere su questo evento e cercano anche nelle reti sociali un confronto e degli spun­ti di meditazione. Di questa spin­ta io sono testimone nei social network in cui sono presente. Molti mi scrivono post su Face­book, commenti sul mio blog e tweets esprimendo un desiderio di meditare sulla rinuncia del Pa­pa. C’è un diffuso bisogno di ca­pire, di riflettere.

Molti tweet sul Papa, dai toni ironici, face­vano riferimento a fi­gure politiche. Come leggere questo dato?
Nei social network e­siste una «pancia» fatta di emotività e parte di questa emo­tività è anche negativa. Non c’è da stupirsi, poiché i social network riflettono ciò che accade nella realtà, cosa pensa la gente. Per tut­ti i personaggi pubblici, non solo per il Papa, essi sono uno stru­mento che offre opportunità di condivisione enormi, ma che e­spone anche a questa «pancia». Semmai bisogna riflettere meglio sul fatto che il Papa resta un gran­de collettore simbolico di paure, desideri, speranze da parte di mi­lioni di persone. Questo oggi si sta riversando anche nella rete.

Molti tweet paragonavano la si­tuazione attuale a quella ripro­posta nel film «Habemus Pa­pam ». Che significato dare a que­sto accostamento?
Il riferimento al film è una pista a mio avviso non adeguata, perché in quella pellicola il Papa eletto prova timore davanti a una mis­sione che invece Benedetto XVI ha portato avanti per otto anni. L’attore colpiva per la sua uma­nità, ma emergeva come un per­sonaggio di Svevo, insomma l’en­nesimo «inetto» novecentesco. In­vece la scelta di Benedetto XVI, a leggere bene le parole latine del suo annuncio, appare più che u­na rinuncia, un coraggioso pas­saggio del testimone. Sembra il gesto di un «uomo vivo» chester­toniano, per rimanere nelle me­tafore letterarie. Il Papa non è preoccupato per sé e per la sua debolezza, ma per la Chiesa e i do­veri del ministero petrino. Davanti a questo evento però la gente ha reagito ricordando le immagini di un film o anche i versi di Dante ri­feriti a Celestino V, piuttosto che riflettendo sulle parole del Ponte­fice. Ciò fa riflettere sull’impor­tanza che, come dicevo prima, og­gi hanno la dimensione iconiche, le figure, l’immaginario.