« Negli ultimi decenni i mass media mirano più a sedurre che a conquistare, più a emozionare che a far riflettere, più al patologico che alla ragione. I media sono come l’acqua per i pesci: li avvolge, li accarezza e li massaggia, mentre dovrebbe dare loro l’ossigeno per la vita». L’immagine usata dall’arcivescovo di Ravenna- Cervia, Giuseppe Verucchi, aprendo i lavori del convegno regionale dell’Ucsi dell’Emilia Romagna a Ravenna, su Informazione e verità, è stata analizzata dai relatori intervenuti per celebrare il patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales. Per il presidente della Fondazione Cassa dei Risparmi di Ravenna, Antonio Patuelli, «i media hanno sostituito alla pacatezza dei toni e alla forza del ragionamento le urla e la provocazione». Non si salvano neppure i giornali, «che non svolgono più il compito di approfondimento delle notizie televisive, attraverso la cultura della verità e del ragionamento, per seguire il fanatismo violento che dalle curve degli stadi è sbarcato in tv e nei giornali».
Il vaticanista del Tg1, Aldo Maria Valli, ha approfondito «le tre parole che fondano la verità per un cristiano impegnato nei mass media: servizio, dubbio, rispetto». Per Valli «il servizio alla verità (dono di Dio, non ideologia), alla gente e all’onestà intellettuale è una sfida continua, perché la tentazione di molti è di essere al servizio del potere o di corrompere la verità». «La verità – ha concluso – va guidata dal rispetto per ogni persona, dal Papa al barbone di strada, perché la persona umana è sempre il soggetto e mai l’oggetto di un servizio giornalistico o televisivo ». Nel dibattito, moderato da Fulvia Sisti della Rai di Bologna, sono intervenuti Elio Pezzi, vice presidente regionale dell’ordine dei giornalisti, Giorgio Tonelli della Rai e Antonio Farnè, presidente regionale dell’Ucsi, che hanno denunciato il rischio dei media quali «strumenti di consenso e consumo e non di verità ». In conclusione Verucchi ha esortato i giornalisti a invertire la tendenza culturale dei giovani, per « i quali il valore della vita sta nell’apparire nei media e non più nell’essere persone».