UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Social network, lo show dell'ego?

Vi proponiamo una riflessione critica scritta per Avvenire da Maurizio Cucchi sui rischi "egocentrici" di un certo uso dei social network. "La dimensione on line assume - per Cucchi - complessivamente l’aspetto di un immenso magma ribollente e maleodorante". Un giudizio un po' ingeneroso?
 
10 Gennaio 2014
Internet ci offre una serie vastissima di servizi utili, ma insieme è anche fonte e luogo di pesanti equivoci e patetici abusi. Come sempre quando il soggetto si fa condizionare dal mezzo anziché servirsene ed esserne il tranquillo padrone. I social network sono in realtà congegni capaci di incentivare e enfatizzare in modo grottesco le normali tendenze esibizionistiche dei soggetti, ormai quasi incapaci di esistere – si direbbe – senza dare al mondo notizia delle proprie quotidiane imprese. Che generalmente imprese non sono, s’intende. È come se la società spettacolo in cui viviamo avesse trasformato la società stessa in un’enorme compagnia di guitti dilettanti, dove ognuno, volta a volta, diviene attore o spettatore. Ma sempre con il bisogno di farsi soprattutto attore. E per di più «virtuale», dunque bidimensionale, e in fondo realmente, tristemente immerso nella solitudine. Chi ha molti amici, ovviamente, non ha nessun amico e chi informa gli «amici» di ogni suo gesto o passo diventa, inevitabilmente, un povero pubblicitario di se stesso. Ma se il mondo non è tutto spettacolo, non è neppure tutto un mercato. Uno degli aspetti più involontariamente comici della vita virtualmente (e dunque non realmente) vissuta è nell’ansia di poter sempre e su tutto comunicare la propria opinione. La possibilità di farlo viene scambiata per apertura democratica, quando invece altro non è che povera smania di protagonismo e in molti casi pura e semplice arroganza.

Ognuno, beninteso, può avere il proprio parere sulle cose, può avere i propri gusti. Ma ogni dimensione del reale esige conoscenza, competenze specifiche perché un parere abbia valore, sia degno d’essere espresso oltre le mura domestiche, e infine reso pubblico – «pubblicato». Chi pensa di poter dire la sua su tutto è insieme ingenuo e arrogante. Quando poi si arriva alla sintesi estrema del «mi piace» o «non mi piace», si passa dall’arroganza all’idiozia. D’altra parte è un po’ come per la smania di pubblicare per pubblicare. Chi pubblica si assume la responsabilità di ciò che pubblica, compreso quella di fornire al mondo un documento tangibile, una prova reale di stupidità o sprovvedutezza.

Troppo spesso, dunque, la piazza virtuale (alla quale è ben preferibile il suo modello, cioè la piazza di paese dove i pensionati si incontrano a parlare e litigare di politica e sport) si presenta come un luogo senza confini in cui prevale il desiderio, la velleità meglio ancora, di mettersi in mostra, di uscire da una condizione anonima. Anche se è vero che molti pavidi incivili usano proprio mascherarsi dietro pseudonimi o proporsi anonimi per sparare le loro scemenze velenose.

Proprio per questo, pur con tutti gli elementi positivi che comporta, la dimensione on line assume complessivamente l’aspetto di un immenso magma ribollente e maleodorante, dove le proposte valide vengono neutralizzate e occultate da un diluvio di vane chiacchiere autoreferenziali. Una rete sociale puramente illusoria, dunque, che rende sempre più forte, anche per chi non ne sia consapevole, quella nostalgia di realtà che è tipica del nostro tempo.

 
di Maurizio Cucchi