Smarrirsi o ritrovarsi? Non abbiamo navigatori a bordo capaci di guidarci, quando la piazza non è più quella fisica, delimitata dalla chiesa e dal municipio, nella quale fino a tempi recenti ci si fermava a scambiare opinioni. Non è facile orientarsi, nella piazza immensa e virtuale che oggi, sulla Rete, collega con un clic ogni angolo di mondo e ci connette tutti, senza che ci vediamo né sappiamo con chi stiamo “dialogando”. Ecco allora l’urgenza di quello “Smarrirsi o ritrovarsi?” che ieri ha fatto da titolo all’ultima giornata del convegno su “Territorio e Internet”, organizzato dalla federazione dei quasi 200 settimanali diocesani d’Italia (Fisc). «Sfogliando le migliaia di pagine che entrano nelle nostre famiglie grazie al generoso lavoro di tutti voi, si afferra quanto la vostra voce continui a essere importante per abitare in maniera missionaria quel “cortile dei gentili” che incrocia la sensibilità degli uomini del nostro tempo»: così si è rivolto a direttori e giornalisti il segretario generale della Cei, il vescovo Mariano Crociata.Conscio delle «nubi minacciose» che si addensano sulla vita delle testate cattoliche, ha denunciato come «la riduzione del fondo per l’editoria e l’aumento delle spese postali» mettano a rischio la sopravvivenza di decine di queste, determinando la possibile perdita di centinaia di posti di lavoro, oltre che «un impoverimento del pluralismo informativo». Internet è certamente «un luogo da abitare», dunque, «ma senza che questo significhi disertare il territorio e le sue forme tradizionali di comunicazione».
Un terreno sul quale il presidente della Fisc, Francesco Zanotti, ha invitato a confrontarsi autorevoli voci della cultura e del giornalismo. «Anche la piazza telematica ha una sua bellezza perché vi si incrocia il mondo intero, ma va frequentata conoscendo gli strumenti», ha detto Carmen Lasorella, direttrice di San Marino Rtv . Ad esempio è ancora dolorosamente vivo in tutti noi l’uso che se n’è fatto ostentando il corpo del colonnello Gheddafi: «Il web, ancor prima che le tivù, è diventato il luogo della giustizia sommaria, attraverso quelle immagini raccapriccianti. Solo pochi anni fa ci saremmo chiesti se mostrarle o no... Io dico mostriamole, ma solo una volta, senza indugiare ». Posizione in parte diversa, quella di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, probabilmente l’unico quotidiano che abbia avuto il coraggio di non pubblicare in prima pagina quel volto tumefatto. «Internet costituisce una grande opportunità in tutti i sensi – ha sostenuto Tarquinio – purché la libertà si coniughi con la responsabilità », e gli strumenti, potenzialmente buoni, «non perdano di vista il territorio fisico » e quindi la verità dei fatti, senza la quale decade il ruolo stesso del giornalista: «A volte la sintesi offerta dalla rapidità della Rete non ha più la consapevolezza di quello che è l’Italia vera. In tivù soprattutto vediamo una cronaca che non ha più nessun contatto con la vita reale delle persone». Un rischio che non corrono le testate cattoliche, presenti capillarmente tra la gente: «Un giornalista del territorio sa che parla di persone concrete, le stesse che domani incontrerà per strada. Il collega che abita le piazze mediatiche, invece, non sente la necessità di dover rendere conto ad alcuno». Così capita che «nel virtuale si annidi l’angolo della gogna. E il flusso di notizie sembra poter prescindere dal confronto con la verità». Compito di chi fa informazione, ha ricordato, è garantire l’aggancio al reale, «ma quanto c’è di certificato in Internet? Quanto resta di spazzatura, che pure è stata riconosciuta come tale, ma non viene più rimossa?». Problemi reali, che la platea dei settimanali cattolici ha recepito con competenza e senza alcuna tentazione di rinunciare al futuro, anzi, preoccupata proprio perché già perfettamente attrezzata nell’ambito delle nuove tecnologie.
A loro – dopo il plauso espresso da Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri – ha rivolto infine «alcune tracce di cammino» Crociata, premettendo appunto che «non possiamo sederci sul passato». «Innanzitutto continuate ad essere voce del territorio – ha raccomandato –. Innovate pure la grafica, ma soprattutto prestate attenzione ai contenuti e investite in qualità ». In secondo luogo, «fatevi scegliere per una linea editoriale coraggiosa, riconoscibile nella sua identità ecclesiale, sul tracciato della dottrina sociale della Chiesa con la sua costitutiva articolazione di etica della vita ed etica sociale. Abitate il 'cortile dei gentili', attenti a sollevare domande e proporre percorsi di risposta». Infine ha invitato a «sostenersi reciprocamente» in una sinergia capace di fare sistema, anche aderendo all’Ucsi, l’Unione cattolica della stampa italiana, il cui presidente nazionale, Andrea Melodia, ha seguito con particolare attenzione la tre giorni di Cesena.
«Fibre ottiche e satelliti ormai ci spalancano gli orizzonti del mondo», ha concluso Crociata, ma un equilibrio è possibile solo «tenendo insieme i due movimenti del pendolo, la dimensione locale e l’afflato universale ». Un’alleanza tra generazioni e un patto educativo più volte auspicato anche da Paolo Bustaffa, direttore dell’agenzia Sir, con un richiamo forte alla coscienza di chi fa informazione e alla vera sfida, «portare umanità nelle connessioni».