UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Torino: Mons. Nosiglia invita i giornalisti ad andare contro-corrente

“Il coraggio di andare controcorrente diventa una forte testimonianza, di cui si esige oggi una sempre maggiore presenza nel mondo della comunicazione." Così l'Arcivescovo di Torino venerdì 21 gennaio ai giornalisti, riuniti per la Lectio divina nel Seminario Metropolitano
24 Gennaio 2011
"Sulla ricerca sincera della verità dei fatti e della realtà prevale lo scoop ad ogni costo, il ‘mostro in prima pagina’; il tutto pur di fare notizia e colpire la gente per primi, per poter vantare il primato della vendita o dell’ascolto". Con queste parole mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, si è rivolto venerdì 21 gennaio ai giornalisti riuniti nella chiesa del Seminario Metropolitano per la Lectio divina in occasione della festa di san Francesco di Sales. "Al rispetto della verità – ha detto – si sostituisce il percorso ambiguo e strumentale che conduce a una sorta di manipolazione delle verità o a un azzeramento del riferimento alla verità. Il confronto-scontro delle opinioni ne è la conseguenza logica. La coscienza cristiana, ma anche l’etica professionale del giornalista, si ribella a tutto ciò anche se a volte sembra difficile potersi opporre a un costume, che appare comune e proprio per questo ampiamente giustificabile”. Allora “il coraggio di andare controcorrente diventa una forte testimonianza, di cui si esige oggi una sempre maggiore presenza nel mondo della comunicazione. Ciò comporta il dovere di non tacere e di non deformare i fatti; di non conquistarsi il consenso o manipolarlo a seconda degli interessi propri o dei gruppi di potere economico e politico a cui si risponde; di non piegarsi a fini ideologici; di non far leva su istinti ed emozioni per imporre stili di vita distorti".
Mons. Nosiglia ha osservato che "spesso la comunicazione oggi tende a ignorare o a mettere da parte la dimensione interiore e trascendente della persona" e ha indicato "una sfida importante per ogni giornalista": "lavorare perché la cultura mediale si apra alla trascendenza e promuova autentici valori spirituali". "Pensiamo a un codice etico di autocoscienza personale – ha aggiunto – che salvaguardi alcune persone e valori oggi non tutelati abbastanza nella società: i bambini e minori in genere, il valore della preghiera e quello della morale cristiana in materie spesso ritenute sorpassate e antilibertarie (famiglia fondata sul matrimonio, cultura della vita...), l’accoglienza, l’incontro e il dialogo tra persone di culture e religioni diverse". L’arcivescovo si è poi soffermato sui temi che più gli stanno a cuore (giovani, famiglia, lavoro, persone in difficoltà) e in particolare sulla situazione dei "giovani giornalisti precari" che "soffrono di una precarietà dovuta non solo alle difficoltà della crisi attuale ma a una situazione strutturale di incertezza che perdura da tanto tempo”. “Sembra – ha concluso – che il mondo della comunicazione sia impenetrabile ai giovani, anche se competenti e preparati, che si trovano costretti a un lungo periodo di limbo carico di fatiche e sacrifici non indifferenti prima di poter 'sfondare', come si dice, e farsi strada”.