UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tv locali, class action
contro la “mattanza”

Il braccio di ferro fra tv locali e governo è a un passo dalle aule di tribunale. Dopo il taglio di nove frequenze, le emittenti sono pronte a rivolgersi alla magistratura per rallentare la digitalizzazione dell’Italia che azzoppa le «piccole». Una sorta di «class ac­tion» ipotizzata da Aeranti-Corallo...
13 Agosto 2011
Il braccio di ferro fra tv locali e governo è a un passo dalle aule di tribunale. Dopo il taglio di nove frequenze, le emittenti sono pronte a rivolgersi alla magistratura per rallentare la digitalizzazione dell’Italia che azzoppa le «piccole». Una sorta di «class ac­tion» delle locali che l’Aeranti-Corallo – as­sociazione che rappresenta 320 imprese te­levisive – ha prospettato ad Ancona, duran­te l’incontro con i vertici delle reti che van­no in onda nelle regioni del Centro Italia do­ve il passaggio alla nuova tecnologia avverrà entro fine anno.

Il coordinatore dell’associazione, l’avvoca­to Marco Rossignoli, le chiama «iniziative giudiziarie di tutela» e investiranno il Tar del Lazio. Il primo ricorso contro la «mattanza» punta a riconquistare almeno uno dei nove canali tolti alle tv. Infatti le frequenze che so­no state dirottate alla larga banda mobile non comprendono il canale 65. Uno «spazio» destinato a restare vuoto che per le locali po­trebbe rappresentare una boccata d’ossige­no nell’affollato etere della Penisola dove non c’è posto per tutte le reti che oggi tra­smettono. Da qui l’idea di chiedere l’annul­lamento del provvedimento che sottrae il «65» al sistema radiotelevisivo.
L’altro ricorso ha come obiettivo quello di cancellare il documento che disegna la tv di­gitale nel Centro Italia: è il piano delle fre­quenze che, secondo le «piccole», non ri­spetta la «riserva indiana» di un terzo dell’e­tere per le locali. Sulla carta la soglia è ga­rantita, ma le interferenze che arrivano da Francia e Corsica rendono inutilizzabili par­te dei canali assegnati alle locali. Lo si com­prende da quanto scrive l’Agcom quando impone che sette delle diciotto frequenze di Toscana e Liguria non potranno essere atti­vate in alcune postazioni strategiche come il Monte Serra (che fa entrare la tv nelle ca­se di Pisa e Lucca), il Monte Bignone (che il­lumina gli schermi della Liguria di ponen­te) o il Monte Argentario (che consente di trasmettere sulla costa toscana). «Di fatto – sostiene Rossignoli – restano appena undi­ci canali di qualità per le locali».
La terza azione legale in cantiere è quella che, almeno in linea teorica, avrebbe effetti deflagranti. Le tv chiederanno che siano an­nullati i bandi – il primo è uscito mercoledì e riguarda la Liguria – per stilate le gradua­torie delle emittenti che potranno mante­nere le antenne. Non piace la prospettiva della gara fra «piccole» che viene vista come una guerra fra poveri per sapere chi sarà sal­vo. E, giocando proprio su questo elemen­to, verrebbe bloccato l’intero percorso con­testato dalle locali. Nel ricorso ai giudici amministrativi gli edi­tori proporranno anche di chiamare in cau­sa la Corte costituzionale che dovrebbe va­lutare la legittimità della novità introdotta dalla manovra economica di luglio: è quel­la secondo la quale il Tar del Lazio non po­trà impedire lo spegnimento dei ripetitori che occupano le nove frequenze «espro­priate », ma al massimo concederà un risar­cimento alle reti che dovranno fare un pas­so indietro. L’ultima appendice giudiziaria ha al centro il telecomando. E stavolta non in polemica col legislatore. Anzi, l’Aeranti-Corallo di­fenderà davanti al Consiglio di Stato a fine agosto la numerazione automatica dei ca­nali tv che i giudici di primo grado hanno azzerato perché «non rispetta le abitudini» del telespettatore.