UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Un bisogno diffuso di condivisione

Inaugurare il cammino di Firenze 2015 con un Invi­to a raccontarsi era una mossa certamente un po? rischiosa, ma la risposta ha sorpreso tutti: ben oltre duecento tra testimonianze ed esperienze, da parte di diocesi e altri soggetti ecclesiali, e molte altre continua­no ad arrivare. Lo afferma, sulle colonne di Avvenire, la prof.ssa Chiara Giaccardi docente di sociologia e antropologia dei media all'Università Cattolica di Milano.
29 Settembre 2014

Inaugurare il cammino di Firenze 2015 con un «Invi­to » a raccontarsi era una mossa certamente un pò rischiosa, ma la risposta ha sorpreso tutti: ben oltre duecento tra testimonianze ed esperienze, da parte di diocesi e altri soggetti ecclesiali, e molte altre continua­no ad arrivare. Come leggere questo primo segnale di partecipazione? Certamente sullo sfondo c'è un bisogno reale di uscire dai propri confini e incontrarsi, per poter meglio ri­spondere alle complesse sfide del presente. Ma dai con­tributi pervenuti emerge molto di più: una grande vita­lità, una capacità di leggere con sensibilità i bisogni, spe­cie quelli delle fasce più fragili, e immaginare percorsi di inclusione e valorizzazione. La fotografia del Paese che ne risulta è molto diversa da quella che ci restitui­scono i rapporti periodici, basati sulle statistiche (ov­vero sulla compilazione di questionari formulati col linguaggio di chi ricerca, anziché di racconti di sé e­spressi nel linguaggio di chi vive): nessuna traccia di un Paese stanco e apatico, o incapace di trovare rappre­sentanza e canali dove esprimere un pur rinnovato bi­sogno di socialità e solidarietà, come tanto spesso ci sentiamo rappresentare.
Le risposte della Chiesa di base alle sfide di oggi sono ve­re e proprie indicazioni per nuove direzioni da intra­prendere per il futuro della Chiesa. Intanto un metodo, che è quello del «ritmo salutare della prossimità» ( Evan­gelii gaudium 169): camminare con il passo dei più de­boli regala uno sguardo sollecito e attento, solo grazie al quale è possibile vedere ciò che, nel ritmo veloce dell'ef­ficienza, sfugge completamente: il valore pedagogico del­la fragilità, anche per chi fragile non è, o non sa di esse­re. La cura non è mai un movimento a una direzione, ma un luogo di reciprocità, che risveglia l'umanità di tutti.
Saper leggere la realtà con questo sguardo innamorato dell?umano consente poi di trovare risposte innovative, inclusive, fuori dagli schemi, attente alla persona nella sua totalità e nella rete dei suoi legami dentro la comunità.
Tornano in mente le parole di papa Francesco: la Chie­sa non è una Ong. E qual è la differenza? Rispetto alle so­luzioni «tecniche» per fronteggiare le emergenze si sen­te nella Chiesa il sapore di un «di più», di un?eccedenza, di una gratuità e di una gratitudine (e le due vanno di pa­ri passo) che traggono il loro alimento dall'ascolto della Parola, e dalla consapevolezza che possiamo essere fra­telli perché siamo figli. Le esperienze raccontate manifestano anche la consa­pevolezza del limite e tuttavia la fiducia che, come nella moltiplicazione dei pani e dei pesci, il risultato eccede sempre le nostre forze. L'importante è iniziare processi, dare credito a ciò che di positivo c'è, contrastare la glo­balizzazione dell'indifferenza con la sollecitudine che ci rende custodi l'uno dell'altro.
Non c'è la teoria (modelli e progetti) e poi la pratica, ma un fare da cui si cerca di imparare per poter fare sempre meglio. Gli ambiti sono i più diversi: tutto ciò che riguarda la costruzione di prossimità, di inclusione, di ricucitura delle fratture tra i gruppi sociali, le generazioni, le diver­se abilità, i gruppi etnici; la ricerca e sperimentazione di modi originali e solidali per affrontare la crisi, la custo­dia del creato, l?educazione alla cittadinanza e molto al­tro ancora. Senza compartimenti stagni, ma sperimen­tando soluzioni che, combinando diverse fragilità, pro­ducono paradossalmente una nuova energia. Esperien­ze di ordinaria umanità, che diventa gratuità eccedente perché si lascia illuminare dalla Parola. Questi contribu­ti hanno costituito il punto di partenza per la stesura del documento preparatorio verso il convegno di Firenze, che, a sua volta, vuole essere una traccia capace di atti­vare una nuova fase di partecipazione, per continuare il dialogo e approfondire il cammino intrapreso. Per ritro­vare e rinnovare insieme la fiducia nell?umano, dai suoi tanti volti, alla luce di Gesù.

Chiara Giaccardi