Dall’istituzione della prima Giornata mondiale per le comunicazioni sociali, ogni Pontefice ha sempre avuto la necessità di porre nei messaggi ad essa associati, la comunicazione in relazione alla verità. L’esigenza di affrontare questo rapporto è determinata non soltanto dal contesto in cui comunicazione si attua, ma dal fatto che la verità rappresenta un criterio intrinseco alla comunicazione stessa, anzi, è possibile definirlo “il criterio” sul quale la comunicazione si regge o cade.
La storia delle Giornata delle comunicazioni sociali ha dunque prodotto una riflessione magisteriale proficua attorno al tema, stimolata dal progressivo e dinamico evolversi del contesto culturale e mediatico. La società, nel suo svilupparsi, interroga in modo sempre nuovo la fede che, pur affermando stabilmente l’esigenza della veridicità della comunicazione, tuttavia nel rinnovarsi dei contesti in cui è chiamata ad esprimersi, possiede al suo interno la capacità di affermarsi con nuove istanze critiche e interpretative orientate a rendere sempre più la comunicazione strumento per la crescita integrale dell’uomo e delle sue relazioni.
Il messaggio di papa Francesco rimanda esplicitamente a quello di Paolo VI che, nel 1972, riconosce l’importanza del compito che le comunicazioni sociali svolgono al servizio della verità. Nella molteplicità di informazioni fornite dai media, l’interrogativo sulla loro veridicità emerge, pertanto, in modo spontaneo e chiama in causa comunicatori e ricettori ad una mutua responsabilità. Ai primi è richiesta una “ricerca scientifica” a motivo della serietà e dell’impegno richiesto nel trasmettere informazioni sugli eventi e nel formulare giudizi su di questi quando è richiesto; agli altri è necessaria una sana criticità nel recepirli. Ai cristiani, in particolare, spetta il compito di annunciare in questo contesto la Parola divina che è luce vera che illumina ogni uomo.
Giovanni Paolo II nel 1997, in preparazione al grande Giubileo del 2000, pone la questione sulla qualità dell’informazione, ma soprattutto della formazione che passa attraverso i media. Quale Via, quale Verità, quale Vita sono essi capace di trasmettere? Talvolta la Verità comunicata da essi è piuttosto la rappresentazione di valori occidentali, ma non per questo cattolici, anzi talvolta l’ispirazione religiosa è carente nelle programmazioni mediatiche. Sarebbe, invece, opportuno riconoscere il ruolo giocato dalla Cristianità nei millenni trascorsi. Di qui l’esigenza di un più proficuo contributo e un maggiore impegno dei cattolici a comunicare l’incontro con Gesù, Via, Verità e Vita, attraverso una testimonianza di vita autentica.
Anche Benedetto XVI è tornato in modo ricorrente sul tema. Nel 2008 pone l’interrogativo sull’ambiguità del progresso che colloca l’umanità dinanzi ad un bivio: potenzialità inedite di bene e nuove potenzialità abissali di male. I media in questo devono sfuggire alle logiche del protagonismo di chi, attraverso i media, pretende di determinare la realtà piuttosto che riportarla in modo veritiero.
I credenti, pertanto, sono chiamati ad inserirsi nelle nuove logiche di condivisione e di relazione che il web offre, ma con uno stile di autenticità che non svilisca la veridicità e la paradossalità dell’annuncio cristiano per renderlo accettabile (2011), ma si rendano disponibili all’ascolto, al confronto e al dialogo che i nuovi mezzi della comunicazione sociale offrono (2013).
Papa Francesco, a cui è cara la categoria della prossimità, quale finalità intrinseca alla comunicazione per realizzare l’incontro con l’altro, si sofferma sulla dinamica, propria del nuovo contesto social, delle fake news. Esse sono il frutto della “logica del serpente”, che in quanto padre della menzogna comunica per dividere e isolare e non per creare comunione. Dunque non solo “nessuna disinformazione è innoqua”, ma “anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi”, ed essere fonte di discordia, divisione. Dunque “dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati”. Proclamare la verità nella sua interezza per screditare e ferire, non è una comunicazione sapiente e caritatevole della verità, ma falsa e distorta. Un invito dunque ad una responsabilità e ad una educazione personale, prima ancora che istituzionale e giuridica per liberarsi dalle fake news.
In sintesi, la luce della fede, ispirandosi all’agire di Cristo, parola autentica e piena del Padre, che introduce gli uomini nella comunione d’amore divina, sollecita e istruisce nuovamente il contesto odierno ad una comunicazione vera per relazioni umanamente feconde.
Vincenzo Marinelli