UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Il papa scomodo”: il 3 marzo a Tg2 Dossier

In onda alle 23.45 di sabato una puntata curata dal vaticanista Enzo Romeo. Nel programma anche una intervista al Card. Bassetti.
22 Febbraio 2018

«Il messaggio di Gesù è scomodo e ci scomoda, perché sfida il potere e provoca le coscienze». Così ha detto recentemente papa Francesco. Parole che si possono applicare al suo pontificato. Cinque anni “rivoluzionari” raccontati a Tg2 Dossier, in onda sabato 3 marzo alle 23:45. Il papa scomodo è il titolo della puntata curata da Enzo Romeo.

Bergoglio reinterpreta il ruolo di “sovrano pontefice” per piegarsi sulle periferie del mondo. Le sue novità sono “scomode” per la Chiesa, dove c’è chi evoca addirittura il pericolo di uno scisma. Molti i problemi ancora aperti, dal contrasto alla pedofilia alla gestione delle finanze vaticane. Ma lo “stile Francesco” riavvicina i “lontani” e la sua “diplomazia della misericordia” contribuisce a disinnescare la “guerra mondiale a pezzi” che insanguina il mondo.

Tra le diverse interviste esclusive contenute nello speciale, anche quella al cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della CEI.

Il Tg2 gli ha chiesto se, anche in Italia, papa Francesco, aldilà della sua popolarità, sia davvero ascoltato. Questa la risposta:

«È il destino dei profeti. Il papa non si cura dell’immediato. Ha una fede incrollabile ed è un seminatore del Vangelo. Il seminatore, che piova o che nevichi, getta il suo seme. E il seme nasce non perché è il seminatore che lo fa nascere, ma perché c’è una forza interiore esplosiva di vita che lo fa germogliare, nei tempi che Dio vuole».

Al Convegno di Firenze, nel novembre 2015, il papa ha chiesto alla Chiesa italiana di non difendere posizioni acquisite e navigare in mare aperto. La risposta è stata finora soddisfacente?

«Cambiare orientamento con una conversione che riguardi la mente e il cuore: questo ha chiesto alla Chiesa italiana. Ha definito la Chiesa come una mamma. Se una mamma genera dei figli, questi figli li cura, li protegge, se si allontanano li va a trovare. Ecco la Chiesa che diventa ospedale da campo. Quindi una Chiesa che è continuamente in uscita, che non ha bisogno di difendere se stessa, perché l’ha già difesa Gesù Cristo versando il suo sangue sulla croce».

Questi i principi. Poi c’è l’applicazione, che non è facile. Quando, ad esempio, il papa chiese di ospitare migranti nelle canoniche molti parroci storsero il muso… È difficile applicare le direttive di Francesco?

«È difficile proprio perché implicano un cambiamento di mentalità. La canonica è un diritto “mio” (lo afferma il diritto canonico). Allora, se non cambi la mentalità certe cose che il papa dice non le capisci».

Come vescovi italiani, quando il papa disse “sceglietevi voi il presidente” la decisione fu invece di indicare una terna e far decidere a Francesco. Spaventa la collegialità?

«La collegialità non è semplice. È proprio una novità del Concilio perché eravamo abituati a una forma più clericale. Nella mia parrocchia comando io, nella mia diocesi sono io il pastore. È un io che deve diventare un noi ed è più difficile. Quelli della mia generazione hanno avuto la gioia e la grazia da parte della Provvidenza di essere contemporanei al Concilio, l’abbiamo sentito proclamare dalla viva voce di Giovanni XXIII (a cui si è ispirato totalmente papa Francesco), quando disse: “la Chiesa piuttosto che strumento della disciplina preferisce andare incontro con misericordia a tutti, preferisce la medicina della misericordia”».