Media education, cinema, cartoon e pastorale: le mappe per orientarsi nell’agorà digitale. Questi i temi trattati in "A ritmo di touch. Tra tatto e contatto", il terzo convegno interdisciplinare promosso e organizzato da Messaggero di sant’Antonio e Ufficio di Pastorale dell’Educazione e della Scuola della Diocesi di Padova che si è concluso sabato 9 settembre.
Sold out di iscritti, scrivono gli organizzatori: 930 persone in gran parte insegnanti di ogni ordine e grado di scuole statali e paritarie, che si sono ritrovati all’Opera della Provvidenza Sant’Antonio e a Casa Madre Teresa di Calcutta, a Sarmeola di Rubano (Pd).
Taglio esperienziale ha avuto la mattinata di sabato 9 settembre, aperta dall’intervento del vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, che ha raccontato il suo essere vescovo di fronte al web e confermato l’utilità degli strumenti e dei nuovi linguaggi: «non sono un nativo digitale, ma ho imparato a “balbettare” questa lingua». Grazie alla rete «ho fatto acquisti, ho intrattenuto rapporti con persone lontane, cerco e trovo informazioni, mi documento su ciò che accade nel mondo e nella chiesa, ma ho anche scelto di rinunciare ad alcuni strumenti». E agli insegnanti ha rilanciato l’invito di dare fiducia ai giovani e a essere per loro testimoni ed educatori in grado di porre interrogativi alla ricerca di senso.
Pier Cesare Rivoltella, docente di Tecnologie dell’istruzione e apprendimento alla Cattolica di Milano e presidente nazionale della Sirem (Società Italiana di Ricerca sull’Educazione Mediale) ha parlato di scuola digitale e delle opportunità della media education. Mentre Arianna Prevedello, responsabile della comunicazione di ACEC nazionale (Associazione Cattolica Esercenti Cinema), ha sviluppato il tema della comunicazione digitale attraverso il linguaggio cinematografico, sia sotto il profilo sociologico che della riflessione estetica. Prendendo spunto da alcune pellicole sulle implicazioni dei mobile devices nella nostra quotidianità, tra cui la recente Beata ignoranza, il cineforum ha evidenziato come il rapporto genitori-figli o educatori-ragazzi veda da un lato gli adulti o asserviti agli ambienti social e ai loro supporti tecnologici, o totalmente impreparati, dall’altro i nativi digitali apparentemente a loro agio con smartphone e web. Due poli opposti ed estremi che non favoriscono l’incontro intergenerazionale.
La multimedialità per educare alla relazione è stato il focus dell’accattivante intervento di Francesco e Sergio Manfio, il primo DG e produttore esecutivo, il secondo presidente del Gruppo Alcuni, casa di produzione specializzata nella ideazione e produzione di cartoon e fiction rivolte in particolare al pubblico dei ragazzi.
«In questa due giorni ha sottolineato nelle conclusioni don Lorenzo Celi, direttore dell’Ufficio di Pastorale dell’Educazione e della Scuola della Diocesi di Padova – Abbiamo approfondito come internet sia uno spazio di esperienza, parte integrante, in maniera fluida, della vita quotidiana: un nuovo contesto esistenziale. Nell’ambiente digitale l’uomo impara a informarsi, a conoscere il mondo, a stringere e mantenere in vita le relazioni, contribuendo a definire anche un modo di abitare il mondo e di organizzarlo, guidando e ispirando i comportamenti individuali, familiari, sociali». Quattro in particolare le suggestioni raccolte da queste giornate, enucleate in quattro “capacità”: di “esistere” (nella rete c’è una parte della nostra vita ed è una sorta di “tessuto connettivo” in cui esprimiamo la nostra presenza); di comunicare e ascoltare (“è vero, abbiamo moltiplicato le possibilità di comunicare, di avere informazioni, di trasmettere notizie, ma possiamo dire che è cresciuta la capacità di capirci o forse, paradossalmente, ci capiamo sempre meno?” domandava papa Benedetto nell’omelia di Pentecoste del 2012); di verità (con il richiamo a una riqualificazione dell’etica informativa come deterrente alla post-verità, determinata forse proprio da una post-coscienza), di fare “comunità” (perché la rete permette di far emergere una pluralità di relazioni o meglio una rete di relazioni, ma la vera sfida è riuscire a far vivere la rete come luogo non solo di connessione, ma di comunione e di condivisione umana).
Giovani e adulti hanno possibilità di incontro nell’agorà mediatica? A questa domanda ha cercato di rispondere venerdì 8 settembre il pedagogista Domenico Simeone dell’Università Cattolica di Milano. Se in passato chi era più avanti negli anni era anche portatore di un sapere concreto, utile per la vita, oggi sembra depositario di conoscenze obsolete, non al passo con i tempi. Si assiste spesso a una sorta di inversione di ruoli, con i nonni che si rivolgono ai nipoti per avere aiuto nell’uso delle tecnologie. La stessa famiglia nucleare, modellata sulle esigenze del mondo produttivo, lascia pochi spazi alla funzione educativa degli adulti. Il rischio è il venir meno dell’importante funzione di raccordo culturale ed esperienziale tra le generazioni. Così facendo si perde un immenso patrimonio di sapere sulla vita. Le nuove tecnologie hanno profondamente modificato anche le relazioni orizzontali: nel web i legami appaiono spesso fragili ed effimeri, chi comunica sembra farlo per soddisfare un proprio bisogno non per “incontrare” il proprio interlocutore. È una sorta di esposizione narcisistica o piuttosto una nuova forma di dono? In questo l’educazione può essere il vero motore del cambiamento per costruire una società più pacifica, della comprensione, dell’accoglienza. La relazione educativa è generativa quando noi non siamo protagonisti dell’esperienza ma ci mettiamo al servizio degli altri.
Di rischi e risorse dell’uso del web e dei mobile device nell’infanzia e nell’adolescenza ha parlato lo psicologo Alessio Vieno dell’Università degli Studi di Padova, che ha studiato come sono cambiati i comportamenti degli adolescenti tra i 12 e i 18 anni, la generazione “nata con l’Iphone”, come la chiama lui. Se tra 2002 e 2014 emergono alcuni elementi positivi e in controtendenza col passato, come una riduzione dal 30% al 25% del consumo di alcol, preoccupa l’aumento dei sintomi psicosomatici, dell’iperattività e dei problemi di addormentamento dovuti alla troppa esposizione da monitor. Paradossalmente, altri fattori evidenziano una minore attenzione per le relazioni “reali” con gli altri da parte dei giovanissimi, meno interessati alla patente di guida, ad appuntamenti sentimentali (dating) e ai rapporti sessuali. Le tecnologie digitali mobili hanno inoltre radicalmente cambiato il rapporto con il tempo e i giovani non sono più abituati ad aspettare. Non sembra però colpa di smartphone e iPad. I comportamenti degli adolescenti vanno letti in associazione a quelli degli adulti. Cosa possono fare, quindi, genitori e insegnanti per aiutare i giovanissimi a un uso consapevole del web? Educarli all’uso delle nuove tecnologie senza vietarle, fare attenzione ad eventuali segnali di disagio e mettersi in ascolto dei ragazzi. Metodi che funzionano, come ha dimostrato un intervento dell’ateneo patavino in alcune scuole medie e superiori delle Province di Padova e Rovigo con ragazzi che presentavano per il 18% problematiche dovute all’uso di internet e per l’8% di gioco d’azzardo on line. Dopo l’intervento degli esperti nelle scuole con studenti e docenti tali problemi sono calati del 5%.
Lo psichiatra Luigi Gallimberti, esperto di dipendenze sia in ambito clinico che preventivo, ha posto l’attenzione sull’uso improprio delle tecnologie informatiche. Se è vero che esse hanno semplificato e migliorato la nostra vita, può accadere – e oggi sembra avvenire sempre più spesso – che il loro uso diventi compulsione, con tutte le implicazioni cerebrali, mentali, familiari e sociali che esso trascina con sé. L’accento è stato dato all’insorgenza di comportamenti di abuso/dipendenza negli adolescenti correlato alla deprivazione di sonno e all’insufficiente educazione a posporre la gratificazione nella prima infanzia, fattori in grado di ostacolare la fisiologica maturazione della corteccia cerebrale prefrontale che lo studioso sta indagando con la sua équipe.
Non facciamoci illusioni la realtà è unica. Chi è on line è anche off line e viceversa. Facciamo tutti parte di una medesima realtà, l’infosfera, parola di Gianni Riotta, giornalista, scrittore, studioso delle dinamiche comunicative. La scelta non è quindi se essere connessi sia un male o un bene, perché in questa realtà ci dobbiamo stare. E per discernere vero o falso, bene o male, ci vuole un metodo ed essere consapevoli che la rivoluzione che stiamo vivendo non è tecnologica ma culturale. A poter creare problemi quindi non è la tecnologia ma i contenuti che si mettono on line, dove non dimentichiamo, brulicano le false identità che generano contenuti, specialisti di fake news capaci di spostare il pensiero e di influenzare le persone come ha dimostrato l’esperienza delle ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Quindi c’è da armarsi di consapevolezza e non dimenticare che la bussola del web è l’algoritmo e che la tecnologia non è né buona né cattiva, ma neppure neutrale. E per il futuro prepariamoci, le parole che sentiremo dominanti saranno intelligenza artificiale, machine learning, deep learning.