UFFICIO NAZIONALE PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Dal “Giornale del Mattino” una lezione per i giornalisti di oggi

Nel volume di Ballini il racconto della visione di La Pira attraverso la solida amicizia con Ettore Bernabei, padre di una vera e propria "scuola di giornalismo".
25 Gennaio 2022

È un libro su quello che veniva considerato “il giornale di Giorgio La Pira”. Ci aiuta a comprendere meglio la portata dell’ormai prossimo doppio summit dei Vescovi e dei sindaci delle città del Mediterraneo, che nel solco dell’insegnamento profetico del Venerabile, già in vita chiamato “sindaco santo”, si riuniranno a Firenze dal 23 febbraio - su invito della CEI e di Palazzo Vecchio -  per incontrare la domenica successiva Papa Francesco. Nel volume “Il Giornale del Mattino di Ettore Bernabei” a cura di Pier Luigi Ballini (Edizioni Polistampa, pagine 672, euro 38), troviamo diversi contributi che raccontano la visione lapiriana attraverso la solida amicizia che legò La Pira e “l’inventore della Rai”.
Testimonianze ed analisi che inquadrano senza sbavature la profonda sintonia politica che caratterizzò, in particolare, il periodo in cui il Professore, dopo essere stato tra i protagonisti più attivi della Costituente, svolse in maniera innovativa il suo primo mandato di Sindaco di Firenze. Quando contemporaneamente il giovane Bernabei fu dal 1951 al 1956 - prima di approdare a Roma alla guida della Televisione di Viale Mazzini - il creativo direttore del quotidiano fiorentino, fondato come “Il Mattino dell’Italia centrale” (1947) che assunse poi il nome di “Giornale del Mattino” fino alla cessazione delle pubblicazioni (giugno 1966).  Come nacque e si collocò la testata vicino alla Dc ed alla Chiesa (un rapporto complesso per i riflessi sociali della politica, comunque di grande attenzione per la Comunità ecclesiale fiorentina, affidata in una delle sue più fertili stagioni al card. Elia Dalla Costa, che dal 1946 poteva contare anche sul settimanale diocesano l’Osservatore Toscano) emerge chiaramente, con dovizia di inediti dettagli, dalla rigorosa impostazione dettata da Ballini (allievo di Giovanni Spadolini al “Cesare Alfieri” ed autorevole, infaticabile  storico di Alcide De Gasperi) e dai saggi di Anna Letizia Marchitelli, Piero Meucci, Federico Mazzei, Bruna Bocchini Camaiani, Piero Roggi (l’ha scritto prima di morire per il Covid nel 2020), Matteo Gerlini, Luciano Alberti, Giuseppe Matulli, Federico Rossi.
Un giornale moderno, che, con il Paese ai primi passi della ricostruzione per uscire dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, dava spazio alla cronaca, alla cultura, all’economia ed allo sport, ma altrettanto se non una maggior rilevanza offriva alla politica estera, sull’onda della spinta europeista di Alcide De Gasperi. La Pira ispirava le sue iniziative sul piano internazionale all’idea che le città avessero «una vita propria: un loro proprio essere misterioso e profondo; […] un loro volto; [avessero], per così dire, una loro anima: non [fossero] cumuli occasionali di pietra; [fossero] misteriose abitazioni di uomini e più ancora, in certo modo, abitazioni di Dio». Da qui nell’ottobre 1955 il Convegno dei Sindaci delle più importanti capitali di ogni area geografica (fra l’altro, quelli di Mosca e di Pechino, città simbolo del comunismo, quelli di capitali d’“oltre cortina” - Tirana, Praga, Budapest, Bucarest, Varsavia - e di città dei paesi emergenti dell’Africa e dell’Asia) consentì di realizzare “un ponte fra Oriente e Occidente, separati da un vallo di diffidenza”. Rappresentò, nella prospettiva lapiriana, uno strumento diplomatico nuovo. Fu poi un altro fatto storico l’intuizione di Maometto V, attuata da Giorgio La Pira, di riunire a Firenze in Palazzo Vecchio (1958-1964) i rappresentanti di tutti i popoli mediterranei per favorire - “spes contra spem” - la loro pacificazione.
Il volume della collana “La Badia” della Fondazione La Pira ci spiega anche come possa nascere una eccellente, forse irripetibile, “scuola di giornalismo”. Per il suo alto profilo, quella creata da Bernabei potremmo elevarla addirittura al rango di Università della Comunicazione. Perché accanto al direttore c’erano maestri dell’informazione come Sergio Lepri (scomparso nei giorni scorsi a 102 anni) che ha poi segnato la storia dell’Agenzia Ansa. Oppure come Hombert Bianchi, Leonardo Pinzauti, Raffaello Palandri, Roberto Gamucci, gli scrittori Carlo Cassola e Manlio Cancogni. E numerosi altri che si sono fatti le ossa in quella redazione, per poi migrare e raggiungere la loro vetta professionale in altre testate o alla Rai: Paolo Cavallina, Angiolo Maria Zoli, Fulvio Damiani, Federico Scianò, Giancarlo Masini, Giampaolo Cresci. Per non parlare di Vittorio Citterich e Domenico Sassoli (il padre di David Maria) con Ettore Bernabei vicini fino all’ultimo a Giorgio La Pira. Purtroppo la prematura scomparsa del presidente del Parlamento Europeo farà mancare un’importante presenza al summit fiorentino con Papa Francesco di fine febbraio.

Antonio Lovascio