Quarto appuntamento del secondo anno di tutorial WeCa, in compagnia del presidente Fabio Bolzetta e di Francesca Triani. Stavolta si parla di media diocesani e web. Ecco il video...
La loro voce è una voce insostituibile. La loro presenza ha accompagnato per decenni – per qualcuno ben oltre un secolo – la vita delle comunità. Sono i media diocesani: radio, televisioni, settimanali al servizio della comunità ecclesiale.
La crisi che ha colpito i media – non solo la crisi economica, ma anche quella profonda transizione digitale che anche qui raccontiamo – ha purtroppo spento molte voci e cancellato molte firme. Eppure, proprio oggi, anche grazie a quei media digitali molto temuti, questa “buona stampa” può conoscere una seconda giovinezza.
Nel tutorial di oggi cercheremo di individuare alcune piste di lavoro, o anche solo alcuni consigli, su come i media diocesani, ma anche i media di istituti religiosi e associazioni cattoliche, come settimanali, periodici o emittenti possano vedere in Internet e nei social media non solo un pericolo, ma anche un alleato, un ambiente da vivere nel futuro.
1 – I social media permettono di intensificare il rapporto con i lettori e ascoltatori
È vero. I social e il web hanno decisamente sottratto del tempo alla lettura dei giornali, all’ascolto della radio o alla visione della TV. È un dato di fatto che non possiamo cambiare. Ma chi l’ha detto che sui social e sul web quegli stessi utenti non possano trovare lo stesso le voci dei nostri media, in forme forse diverse ma non per questo meno autentiche?
Una presenza costante, calorosa, attenta non solo può contribuire a rinsaldare il rapporto dei media diocesani con i loro fruitori, ma può anche promuovere abbonamenti e sintonizzazioni facendo proprio leva sul senso di appartenenza e sulla condivisione delle finalità di queste voci così preziose.
Grazie al web i vecchi lettori o telespettatori possono diventare “testimonial”, condividendo articoli o spezzoni video.
2 – Sui social e sul web cresce la domanda di spiritualità
Chi gestisce siti cattolici di una certa dimensione e analizza quali sono gli articoli più letti o le ricerche che vengono effettuate potrà confermare: sul web sono moltissime le domande attinenti alla dimensione spirituale e morale della vita. Anche in un mondo apparentemente cinico e distaccato, lontano forse dalle sedi a cui eravamo abituati, cresce il bisogno di porsi delle questioni, di ritornare alle eterne certezze, di coltivare il proprio rapporto con Dio.
I media diocesani, soprattutto sul web che penalizza le voci più anonime e premia le proposte forti, in bene o in male, possono raccontare senza alcuna paura e con entusiasmo le belle storie di chi ha ricercato e raggiunto una vita piena nel sacerdozio, nella vita religiosa, nel sacramento del matrimonio, i tanti santi delle nostre terre, le esperienze di vita contemplativa, i confini raggiunti dalle missioni e l’impegno nel sociale e nella carità ispirato dal Vangelo.
Lo ripetiamo, nel web le mezze misure non funzionano. A parte i media che magari svolgono una funzione esplicita di cronaca dei territori, una connotazione “ispirata”, addirittura devozionale, potrà far emergere il racconto di questo media.
3 – Raggiungere facilmente pubblici che il media diocesano non avrebbe mai raggiunto
Un giornale lo devo comprare, o quanto meno devo aprirlo se lo trovo su un tavolino di un bar, per poterne leggere il contenuto. Su un canale TV mi ci devo sintonizzare apposta per vederne i programmi. Sui social, invece, basta che un amico abbia condiviso quell’articolo, o basta che Google scelga di mostrarmelo in quanto vicino territorialmente in Google News o sul cellulare, perché mi ci si trovi davanti.
Molti media diocesani, specie settimanali, in questi anni si sono fatti conoscere e hanno allargato il loro pubblico di origine grazie al web.
Ed è proprio per queste persone, a volte distanti dalla fede, a volte semplicemente meno interessati o più “tiepidi”, può essere importante ribadire la propria scelta di campo come visto nel punto precedente. In epoca di forti polarizzazioni, le voci oneste e franche, ma allo stesso tempo pacate, ispirate, calorose e “umane” possono far breccia in cuori inaspettati.
C’è bisogno delle piccole ma belle storie, di quella “cronaca bianca” spesso così taciuta dai media generalisti. E i media diocesani qui sono chiamati a rivendicare il loro ruolo.
4 – Con il web i media diocesani possono ancora più facilmente diventare voci delle comunità
La velocità dei moderni strumenti di comunicazione e i legami che creano vengono oggi a vantaggio anche dei media più tradizionali. Facebook, Whatsapp e Instagram sono utili radar per scandagliare ciò che avviene nelle comunità, per capire cosa va valorizzato e per poterne dare risalto. L’ascolto è fondamentale per ogni comunicazione umana, ancora di più per organi di comunicazione che si prefiggono di essere voci delle comunità.
Nuove modalità, sempre meno convenzionali, di reperire notizie e di raccontare storie possono dare nuova linfa alla stessa professione giornalistica. Ed è importante che tutto questo non sia vissuto come caso isolato, ma venga voluto e ricercato. Lo scopo, come sempre, è quello di far sì che le comunità raccontino sé stesse nel modo più autentico possibile.
5 – Anche nel digitale si possono trovare forme di sostegno economico
È vero. Per molti anni il web è stato considerato “Patria del gratuito”. In tantissimi sono stati abituati a pensare che sul web è tutto gratis, e anche i servizi a pagamento, se si scava un po’, possono essere ottenuti gratuitamente in modo illecito.
Qualcosa però sta cambiando. Non solo molte più persone fanno acquisti via web, e sono abituati a pagare on-line, ma servizi a pagamento come Netflix o Spotify hanno “educato” gli utenti a servizi a pagamento. Altre piattaforme come Patreon, invece, aiutano gli utenti a sostenere economicamente il lavoro di artisti, Youtuber o musicisti con un versamento mensile a loro scelta senza avere nulla in cambio, se non le opere – immateriali – dell’artista sostenuto.
Ciò che voglio dire è che si stanno aprendo opportunità ancora poco esplorate di nuove forme di sostegno e di aiuto ai media diocesani. Abbonamenti non solo ai giornali cartacei, ma anche a sezioni per utenti paganti dei siti internet, possono aiutare a sostenere settimanali e periodici.
E a fare da leva al pagamento può essere anche l’adesione ideale e la voglia da parte del popolo delle nostre parrocchie che queste voci continuino ad esistere e a svolgere il loro ruolo.
6 – La multimedialità del web porta a coprire tutti i linguaggi
Un tempo la TV faceva la TV, la radio faceva la radio, i giornali di carta facevano i giornali di carta. Con il web invece una televisione può pubblicare un articolo testuale, una radio può mostrare immagini, giornali di carta possono pubblicare interviste in formato video. Tutto viene pubblicato dentro un sito Internet e veicolato sui social.
Il web, insomma, offre immense occasioni di sperimentare la multimedialità, con nuovi linguaggi da scoprire o integrare. Ovviamente non va fatto per forza, ma le occasioni giuste si possono presentare dietro ogni angolo: il settimanale diocesano può realizzare una video-intervista con il vescovo o persone importanti, pubblicarne uno stralcio su carta e rimandare al video integrale sul sito, oppure una tv diocesana può aiutare a rilanciare notizie sul suo profilo Facebook.
Questa commistione di video, foto, immagini e audio ha già portato media diversi, pensiamo una radio e un giornale diocesano, a lavorare insieme, moltiplicando opportunità e pubblici raggiunti.
7 – Con il web i media diocesani possono davvero fare rete
Se si rinsalda il legame con le comunità, si può rinsaldare anche il legame tra diocesi diverse attigue territorialmente, ma anche con le agenzie nazionali e la Conferenza episcopale italiana.
Dalla rete possono nascere sinergie sempre più profonde, collaborazioni, rimandi, comprendendo che non si è da soli ma si può trarre forza dal fatto di vivere esperienze simili anche se in territori diversi.
Così, proprio grazie alla rete, gli operatori e i professionisti dei media diocesani possono vedere cosa fanno i vicini – e anche i lontani – eventualmente rilanciare, condividere, valorizzare il lavoro di tutti.
Sono compiti seri e impegnativi: da una parte c’è il vissuto della comunità, dall’altra il lavoro generoso di professionisti e di volontari. Il messaggio però si può così riassumere: la sfida del web è difficile, a volte sconsolante, ma cruciale come non mai. Ci può aiutare a riorientare gli sforzi, a migliorare, a crescere: quello che è importante però è fare i conti con i cambiamenti che sono avvenuti, sfruttare al meglio quelli che verranno, con una fiducia nel futuro. Anche se il mondo cambierà, non cambierà il messaggio che porteremo e la nostra voglia di essere comunità.